Alla cantina La Cura prestano attenzione al loro prodotto di punta, il vino Vedetta, che viene presentato in versione Reverse, con bottiglie ed etichetta capovolti

Capovolgere, cambiare punto di vista, ma mantenere inalterato il risultato. La cantina La Cura di Massa Marittima (GR) ha presentato in anteprima, al recente Food & Wine in Progress, il suo ultimo progetto. Si tratta di una bottiglia capovolta: il vino Vedetta Reverse che si presenta in un elegante cofanetto di legno, con un lato in plexiglas che lascia vedere il contenuto. La bottiglia è conservata in posizione capovolta e con l’etichetta rovesciata. In tal modo si assicura la giusta conservazione del vino oltreché garantire un accattivante effetto estetico che, incuriosendo, attira l’attenzione e desta stupore.

La spiegazione di questo progetto l'ha data Enrico Corsi, il proprietario della cantina: «Capita troppo spesso che ristoranti ed enoteche, per ragioni commerciali, tendano a lasciare a lungo le bottiglie “in piedi”, per mettere in risalto l’etichetta. Sì facendo, il sughero asciutto si restringe, non aderisce bene al collo della bottiglia e lascia passare troppa aria dall’esterno, aumentando il rischio che il vino si ossidi». Dunque, quello che può accadere se una bottiglia resta a lungo in posizione eretta è che il tappo, non più a contatto col vino, si secchi e non funzioni più da valvola. In questo modo può penetrare aria nella bottiglia deteriorando il vino, che può talvolta assumere lo sgradevole sentore di ossidato.

Una premura per migliorare la conservazione di un vino importante

Dell’importanza della micro-ossigenazione e del ruolo dell’aria nel vino, ne ha parlato la dottoressa Alessandra Biondi Bartolini, agronomo e consulente in ricerca e sviluppo. La dottoressa ha esordito citando lo scienziato ottocentesco Louis Pasteur, secondo il quale «è l’ossigeno che fa il vino ed è l’ossigeno che lo distrugge».

«Infatti – ha continuato l’esperta – l’ossigeno partecipa a tutta la vita del vino, nel bene e nel male. L’evoluzione che avviene grazie all’ossigeno prosegue anche nell’ambiente confinato della bottiglia. Pertanto, la scelta del tappo e le modalità di conservazione sono importanti per gestire le fasi finali del connubio tra vino e ossigeno».

In generale si può dire che l’ossigeno abbia un ruolo positivo e benefico per il vino nella fase pre-imbottigliamento. Nella fase post-imbottigliamento, l’ossigeno diventa dannoso perché rischia, appunto, d’ossidarlo. Si calcola che mediamente, in un anno di imbottigliamento, il quantitativo d’ossigeno che passa a causa del tappo asciutto, è 0,3 mg/l. È dunque ammirevole la premura che mostra la rivoluzionaria bottiglia reverse del Vedetta perché, come ha affermato durante la presentazione il sommelier Roberto Ducceschi: «La vita di un vino non dipende soltanto dalla qualità del vitigno o dalla corretta lavorazione o dall’annata. Dipende anche e soprattutto dalla sua conservazione».

Nell'occasione è stato possibile partecipare alla degustazione del sommelier Roberto Ducceschi e assaggiare due annate del Vedetta: 2011 e 2013. Si tratta di due splendidi rossi rubino, dal sapore morbido rifinito da note speziate e ricordi “ferrosi”, dovuti alla collocazione dell’azienda nelle “Colline metallifere”. I profumi sono di frutti di bosco e in bocca il vino è pieno, appagante ed energico. Notevole la struttura retta da tannini densi e profondi. Il vino si beve amabilmente e benché se ne assapori la possanza, stupisce scoprirne il grado alcolico: 15° ben sostenuti dalla struttura del vino ed equilibrati dalla sua acidità. Il 2011 risulta più morbido e aromatizzato, maggiormente snello come vino rispetto al 2013, che invece si presenta essere un vino interessante per la forza tanninica che riserva, ma probabilmente non è ancora del tutto pronto, come ha spiegato Ducceschi.

Il Vedetta è prodotto solo nelle migliori annate con una speciale selezione di cabernet sauvignon, proveniente da un piccolo podere chiamato “Monte di Muro”. Prima di essere imbottigliato vengono fatte oltre cento operazioni e ben quattro vendemmie nel solito filare per cogliere solo le uve a giusta maturazione, al fine di garantire un’alta qualità.

La tenuta La Cura, si mostra premurosa nei confronti del suo “nettare di Bacco” e dei suoi futuri clienti, come si può intuire dal nome stesso dell’azienda e dall’immagine dell’etichetta che sembra quasi stringere un abbraccio. Infatti, oltre a quanto detto, molti altri sono i suoi accorgimenti e progetti. Il Vedetta presenta una bottiglia particolarmente pesante per favorirne la manipolazione e per proteggerne il prezioso contenuto dagli urti, dagli sbalzi di temperatura e dal contatto con i raggi ultravioletti. Inoltre, per agevolare gli ipovedenti, ha un’etichetta in linguaggio braille e un QRcode interattivo, cui è collegata una spiegazione vocale circa il vino stesso, attivabile tramite smartphone. Oggi, l’etichetta con caratteri braille è estesa a tutta la gamma dei vini prodotti. Inoltre, La Cura produce energia pulita che sfrutta per le proprie attività, attraverso un impianto fotovoltaico di 1 MW di potenza, situato nei pressi degli edifici aziendali. Il suo approccio ecologico è coordinato dall’Università di Pisa.

Attenzione al prodotto, al cliente e all’ambiente fanno del La Cura e del Vedetta, suo gioiello di punta, l’esempio di un sistema che unisce l’eccellenza del prodotto alla comprensione che questo deve anche garantire un’alta qualità di servizi. Perché il vino non si esaurisce nel sorso pieno che lo assapora: questo è solo l’ultimo risultato di un lungo processo. Infine, anche il proporre idee innovative, come la bottiglia capovolta, mostrano come in ambito enologico si possano unire magnificamente premura, utilità e marketing. Per tutti questi motivi, lo sguardo acuto del vino Vedetta vede davvero lontano.