Nasce un network di cantine che attraverso The Grand Wine Tour vuole far conoscere l’Italia, le sue bellezze e le sue tipicità partendo dal vino

«Italomania». Così veniva definita la moda del Gran Tour in Italia nel Settecento, grazie a celebri viaggiatori come Goethe e in seguito Stendhal. Una pratica in voga dal Quattrocento, quando il nostro Paese era una meta obbligatoria per l’educazione aristocratica. Oggi quello spirito rivive in un’iniziativa unica nel genere. Sarà il vino il motore della bellezza italiana, che è insieme arte, cultura, architettura, natura.

Promuovere un viaggio emozionale sul territorio alla scoperta delle tante bellezze

Diciotto importanti cantine italiane, accomunate dalla qualità delle loro produzioni e dall’accoglienza di alto livello, si sono riunite nel progetto The Grand Wine Tour. Una rete che trova voce in un magazine online e che farà da vetrina non solo alle cantine, ma a tutto quello che rappresentano per il territorio in termini di viaggio e lifestyle. Un webmagazine in lingua inglese perché destinato in particolare al viaggiatore americano e anglofono, ma non solo. E che potrà anche trovere una declinazione concreta, dal punto di vista della volontà dell’esperienza enoturistica, grazie alla partnership con Musement, specializzata nel fornire servizi di prenotazione delle più belle destinazioni di viaggio a livello globale, in 450 città di 55 Paesi, con pacchetti tailor made.

Il progetto e la partnership sono stati presentati ufficialmente alla stampa a Milano, alla Casa degli Atellani, che ospita la Vigna di Leonardo. Un luogo di grande fascino, quasi a volere rimarcare il senso dell’iniziativa. «Il progetto, partito due anni fa anche se è online da otto mesi, è aperto – ha spiegato Max Coppo, portavoce del progetto The Grand Wine Tour – l’intenzione è estendere la rete delle diciotto aziende per andare a coprire l’intera mappa enologica italiana, turisticamente rilevante, avendo almeno un’azienda alfiere per ogni territorio. Ci vorrà del tempo, essendo un progetto qualitativo. Il nostro utente – ha sottolineato – è prevalente americano, viene da Paesi di lingua anglofona o dalla Germania. Abbiamo speso più di un anno in ricerche strategiche per capire come si muove la nostra audience sul web e cosa cerca. Ma vogliamo parlare anche al giapponese, all’italiano: all’enoturista di qualità che va a cercare determinate esperienze emozionali e parla l’inglese. Le aziende vinicole del pool – ha precisato – non parlano solo di vino. C’è chi è patrimonio dell’Unesco, chi è segnalata per l’arte o l’architettura, chi ha un relais, chi ospita ristoranti stellati. L’offerta è a trecentosessanta gradi: l’importante è essere trasversali».

«Oggi il visitatore vuole fare esperienze memorabili di viaggio: fare sistema nel mondo del vino per veicolarlo è fondamentale – ha commentato Paolo Giulini, cofounder di Musement – Noi abbiamo rapporti con alcune migliaia di agenzie in diverse parti del mondo: loro hanno bisogno di un aggregatore di fiducia, un channel manager che raccolga il prodotto e lo distribuisca. Siamo entusiasti di collaborare a questo progetto – ha dichiarato – perché contribuirà a rafforzare la nostra offerta di attività legate al turismo enogastronomico. Avviando la partnership con The Grand Wine Tour, avremo sul nostro sito delle campagne ad hoc e ci sarà un’area dedicata. Possiamo fare prodotti tailor made con food and wine, arte, cultura, sport. Noi dobbiamo far capire che è facile cliccare e andare a visitare la cantina».

La bellezza italiana vuole essere il cuore del progetto. Mai come in questi anni sta crescendo il turista del vino. L’enoturismo (dato Movimento del vino) vale 2,6 miliardi di giro d’affari, escluso l’indotto. L’identikit è però cambiato. Un tempo era solo visita in cantina e acquisto di qualche bottiglia e magari la visita al museo annesso. Oggi si vuole avere un’esperienza a trecentosessanta gradi: sì il vino, ma dentro un’esperienza gastronomica forte, qualcosa che abbracci l’arte, l’architettura e la cultura, la natura. E sono sempre di più i ristoranti di livello legati alle cantine.

«Ѐ il momento di parlare in modo diverso – ha sottolineato Coppo – altrimenti parliamo a noi stessi. Il vino è suggestione. Il wine lover vuole sempre più racconto evocativo: si beve un territorio. I produttori oggi continuano, invece, a comunicare in modo obsoleto e autoreferenziale, con i tecnicismi. Ѐ il momento di cogliere questa sfida. Significa saper accogliere, offrire servizi. La chiave è la trasversalità degli argomenti. L’azienda – ha rimarcato – diventa un pretesto per un viaggio nel territorio. Il fil rouge è lo standard di qualità, che va dall’accoglienza dell’ospite in diverse lingue, all’architettura, alla sostenibilità ambientale (tutte le aziende del pool sono indirizzate su questa linea, quasi tutte sono in agricoltura integrata, bio o biodinamica), a offrire tour di diverso genere. L’obiettivo è lasciare una traccia emozionale all’ospite».

Il network è attualmente costituito da diciotto aziende e le regioni coinvolte sono sette: il Piemonte (Cascina Chicco, Ceretto, Coppo, Rocche dei Manzoni, Tenuta Carretta, Travaglini, Villa Sparina), il Veneto (Bortolomiol, Col Vetoraz, Zenato), la Liguria (Lunae, Poggio dei Gorleri), la Lombardia (Castello di Cigognola), la Toscana (Altesino, Fattoria Le Pupille, Sapaio), l’Umbria (Falesco), la Puglia (Leone De Castris).