La cantina maremmana Rocca di Frassinello, firmata Renzo Piano, produce un eccezionale Merlot in purezza, il Baffonero, che nasce come guanto di sfida al top del territorio, il Masseto di Ornellaia

L’edificio rossastro, piatto, quasi si confonde con il territorio. Ma la torre, che svetta, è lì a dirti che un tempo c’era un castello e oggi c’è qualcosa di importante. La cantina disegnata da Renzo Piano per Rocca di Frassinello è tra le più belle del territorio toscano. Il magazine Architectural Digest l’ha inserita tra le quindici top al mondo. Ci arrivano turisti da ogni Paese per visitarla, soprattutto tedeschi, francesi, svizzeri. Siamo tra Grosseto e Follonica: il Tirreno è a mezz’ora di auto, e poco distante c’è la splendida Massa Marittima, testimonianza di urbanistica medievale.

Il gruppo comprende altre tre cantine con prodotti di altissima qualità, da I Sodi di San Niccolò, entrato nei primi dieci vini al mondo, al Nero d’Avola Versace il vino «più trendy» in Cina

Luoghi di fascinazioni etrusche spuntano ovunque nel territorio, tanto che una necropoli si trova all’interno della stessa Rocca di Frassinello. «Nel 2013 – racconta Pericle Paciello, direttore marketing e comunicazione di tutto il Gruppo, che comprende ben quattro cantine – siamo stati contattati dalla Soprintendenza ai beni archeologici della Regione Toscana. Ci ha proposto un progetto pubblico-privato per la sua valorizzazione. L’area archeologica era già nota ed esplorata a fine anni ’70. Abbiamo ottenuto il prestito dei pezzi restaurati al fronte del nostro impegno del restauro della necropoli. Oggi i reperti, un centinaio, sono esposti in una mostra a rotazione con il vino come trait d’union».

In Maremma il vino, del resto, lo si fa dal tempo degli etruschi. Una terra ricca di tradizione enologica dove alla fine degli anni ’90 si sono concentrate molte attenzioni. L’ultima delle zone tradizionali della Toscana che si è riscoperta alla qualità. Il progetto Rocca di Frassinello, 500 ettari di cui 80 già vitati, prende corpo nel 2007 grazie a una sorta di joint venture italo-francese: da una parte Paolo Panerai, già proprietario di Castellare di Castellina, nel Chianti, e Domaines Baron de Rothschild-Lafite. Un investimento importante, tanto che oggi Rocca di Frassinello è l’asset più importante del Gruppo.

Il vino di punta della Cantina, che si avvale della maestria dell’enologo Alessandro Cellai, è il Baffonero, nome della vigna da cui nasce un eccezionale Merlot in purezza. Un prodotto di nicchia, sole cinquemila bottiglie, nato come amichevole sfida al Masseto di Ornellaia, altro Merlot 100% considerato il vino top della Maremma nel mondo. E che ha già riscosso numerosi riconoscimenti (94/100 da Wine Spectator).

Abbiamo avuto il piacere di degustare questa bottiglia di straordinaria eleganza ed equilibrio in abbinamento a un filetto di manzo alla Rossini di Alessandro Buffolino, executive chef del ristorante Acanto che ha proposto una cena ad hoc per esaltare i vini del Gruppo.

«Baffonero era il soprannome del capocaccia che guidava le battute di caccia a partire dalla vigna – spiega Pericle Paciello – Nasce da una selezione maniacale, acino per acino. Ha un’esuberanza maremmana: il vitigno internazionale acquisisce sentori peculiari grazie al territorio: elevata balsamicità, frutto molto forte, bella complessità. Ha uno sfondo vegetale con note di tostatura di caffè e cioccolato. Fa circa 18-20 mesi di barrique».

Alla degustazione ci ha sorpresi per le tante nuance che esprime (richiami anche di corteccia di china e tabacco). Senza che la barrique, usata con sapienza, sia mai soverchiante. «Viene quasi tutto venduto – specifica Pericle Paciello – agli aderenti al nostro wine club, il Baffonero Club, che ha servizi esclusivi (come la visita e pernottamento nella foresteria della Rocca). Il prodotto viene ordinato ancora in barrique e quando è pronto è recapitato con prezzi di cantina. Il resto va alla rete commerciale».

La qualità è un po’ il fil rouge del Gruppo che nasce a fine anni ’70 per la passione di Paolo Panerai, giornalista e vignaiolo da 40 anni, con Castellare di Castellina, nel Chianti. Un’azienda vitivinicola sviluppata anche sulla base dei preziosi consigli di Gigi Veronelli. «Quando Veronelli passeggiava intorno alle vigne con Panerai nei pressi della chiesetta San Niccolò – ricorda Pericle Paciello – vedendo questo terreno di argilla e galestro difficile da lavorare, gli disse di chiamarlo I sodi di San Niccolò».

I sodi di San Niccolò è stato il vino che ha fatto prendere il volo alla cantina negli anni ’80, entrando nei primi dieci vini al mondo per Wine Spectator. Oggi, con le Quattro Viti Ais, ha mantenuto fede ai principi iniziali: rispetto della tradizione del Chianti Classico, senza usare vitigni internazionali. È, infatti, un Sangioveto (così viene definito il clone di Sangiovese nel Chianti) all’85%, e il resto Malvasia nera. Nel tempo Castellare ha saputo tenere fede alla sua missione enologica, non mischiando mai internazionali con autoctoni.

Tutto da scoprire il modo con cui il Gruppo ha avuto successo, con la terza cantina aperta nel 2002 in Sicilia, Feudi del Pisciotto. Il fenomeno in questo caso si chiama Nero d’Avola Versace 2015, l’unico vino siciliano che è entrato nella top 100 di Wine Spectator. Ed etichetta che ha permesso di entrare fortemente nel mercato cinese. «Il Nero d’Avola Versace è il vino italiano più trendy in Cina – fa sapere Pericle Paciello – ma anche il più falsificato con molte cause aperte. Abbiamo continue segnalazioni di abusi. Il successo si deve al mix alta moda e vino, due grandi valori del made in Italy. L’etichetta – chiarisce – nasce da un progetto di restauro di opere d’arte in Sicilia, coinvolgendo alcuni stilisti che ci hanno concesso di utilizzare il nome senza introiti. Tra queste, un’opera del Serpotta, massimo esponente del barocco siciliano, all’Oratorio dei Bianchi di Palermo. La collezione, che si chiama Grandi stilisti, comprende nove vini, con i nomi, tra gli altri, di Ferrè, Versace, Blumarine.

Tutto il Gruppo produce circa un milione e centomila bottiglie, di cui il 60 per cento esportato. Il primo mercato sono gli Usa ma il secondo è la Cina! «Nessuna azienda vitivinicola ha questa particolarità, ma vogliamo però spingere e investire sull’Italia come esempio di qualità» sottolinea Pericle.

Tra le novità della Cantina Feudi del Pisciotto, c’è una vera chicca, presentata quest’anno al Vinitaly, uno spumante di Nero D’Avola metodo Charmat. Prodotto in sole cinquemila bottiglie, al gusto è di sorprendente persistenza. «Vuole qualificarsi come nuova proposta per l’aperitivo e appuntamenti trendy – precisa Pericle –: ha un colore rosa sensuale, vuole colpire anche il target femminile del mercato».

L’ultima cantina del Gruppo è Gurra di Mare, nella Sicilia sud-Occidentale, che si distingue per un gran cru, il Tirsat, un bianco prodotto con 50% Chardonnay e 50% Viognier.