Nel prossimo decennio il mondo del cibo dominerà le vendite online mondiali. Lo stima un dossier di Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano

A guardare i numeri, la svolta è epocale. Ed è difficile pensare di tornare indietro. Il commercio elettronico è ormai una realtà che continua crescere e demolisce vecchi sistemi di business consolidati per decenni. Sono ormai quasi 21 milioni gli e-shopper italiani (altri dieci vanno in Internet ma non comprano) che spendono mediamente mille euro. E un milione gli utenti che utilizzano device multipli (un acquisto su quattro è via smartphone, +80 per cento l’impennata nel 2016).

Gli e-shopper sono oltre 20 milioni. Gli acquisti online saliranno quest’anno a 23 miliardi e mezzo

Per il 2017 la stima delle transazioni online sul mercato italiano salirà a 23 miliardi. Ma la cosa interessante è che la miglior performance sarà registrata dal Food&Grocery, con un +30 per cento rispetto a una crescita media del 19 per cento. Aumentano anche le famiglie che comprano in Rete (tre milioni in più nell’ultimo triennio). Rimane, invece, ancora tradizionale nel nostro Paese la consegna a casa o in ufficio (92 per cento), a differenza di altri modelli europei dove il ritiro in altri luoghi è più sviluppato.

Il quadro, molto dettagliato, emerge da un dossier presentato a Milano da Netcomm, il Consorzio del commercio elettronico italiano, punto di riferimento in materia nel panorama nazionale e internazionale.

«Nel 2017 la vera novità nello sviluppo del commercio elettronico è il food, che sarà il settore che si svilupperà di più – ha spiegato Roberto Liscia, presidente di Netcomm, presentando i dati – Oggi rappresenta solo il tre per cento, ma per tutti gli osservatori internazionali sarà, nell’arco dei prossimi dieci anni, la fetta più grossa del commercio elettronico planetario. Per il food italiano c’è un’opportunità straordinaria, soprattutto per i prodotti durevoli, in Cina, dove il potenziale è di 400 milioni di consumatori, venti volte quelli dell’Italia, e negli Usa. In Cina ci sono ottime possibilità anche per il vino. Abbiamo fatto un grande lancio per esportarlo con la piattaforma Alibaba. Ma, più in generale, frenano la frammentazione, con aziende di piccole e piccolissime dimensioni, e le norme burocratiche legate alle accise».

«Sta avvenendo una rivoluzione per i modelli di business, che si sposano alla mobilità – ha continuato Roberto Liscia – Anche la Gdo si sta muovendo, ognuna con diverse offerte di sviluppo. Oggi il tema non è più dove ho un negozio, non conta più il monopolio del territorio, ma dove vendo. In Francia siamo arrivati a tremila punti pick and pay, superiori al numero dei punti di vendita. In Italia siamo appena partiti, ma ci aspettiamo un’esplosione di modelli di business che muteranno le nostre abitudini e un tremendo cambiamento nella logistica del commercio elettronico. Il fenomeno delle pizze portate a domicilio – ha aggiunto – molto diffuso in Italia, ha aperto in qualche modo il fenomeno importante del ready to eat, ready to cook, commercio elettronico dei brand. Siamo più indietro nell’e-grocery rispetto a Paesi come Francia o Inghilterra, ma più avanti nella consegna di questi prodotti pre-confezionati o pensati per i consumatori o di ristorazione (Just eat, Deliveroo, Uber Eats) dove c’è molto apprezzamento».

L’Ue, intanto, si muove con il digital single market, per creare lo sviluppo del commercio elettronico grazie a una contesto normativo comune, abbattendo ostacoli e barriere (nuovo regolamento su geoblocking, nuovo regolamento per un’Iva comunitaria, per esempio, riforma delle sei direttive rivolte al consumatore). «Il primo scoglio a livello europeo non è la lingua ma sono le regole – ha sottolineato Roberto Liscia – Ecco perché Netcomm interviene a Bruxelles attraverso una rete europea che riunisce 18 Paesi, Ecommerce Europe, con azione di lobby a livello legislativo e regolamentare, ed è interlocutore di eccellenza per la Commissione Ue sui temi della digital transformation».

«Abbiamo fatto una stima – ha raccontato – ogni azienda che vuole entrare in un Paese come operatore e-commerce paga un costo di ottomila euro solo per adeguarsi alle regole del Paese. Se, dunque, un’impresa italiana volesse esportare in cinque Paesi, deve spendere 45mila euro. La sforzo che sta facendo la Commissione europea, epocale, è quello di armonizzazione sul tema digitale e del commercio elettronico. Oggi l’export online delle imprese italiane è inferiore all’import con un saldo negativo di 1,5 miliardi di euro a causa della frammentazione in piccole e piccolissime imprese».

Nato nel 2005, Netcomm annovera tra i suoi consorziati più di 200 aziende, sia internazionali sia Pmi di eccellenza. Il Consorzio si pone l’obiettivo di promuovere iniziative che contribuiscano alla conoscenza e alla diffusione del commercio elettronico, generando valore per l’intera filiera del settore. Tra queste, il sigillo Netcomm, il marchio per gli operatori che offrono un servizio di qualità, trasparenza e affidabilità al consumatore finale (concesso dopo la verifica di ottanta parametri normativi e legislativi).

Oltre al prossimo NetcommForum, che si terrà il 10 e 11 maggio, a novembre Netcomm dedicherà un grande evento solo sul commercio elettronico nel food, un ulteriore segnale dell’importanza che ha questo segmento nel mondo del commercio elettronico.